La tragedia di Giulia: la famiglia denuncia il risarcimento mai ricevuto mentre lo Stato chiede le tasse
La tragica storia di Giulia Galiotto, uccisa a soli 30 anni dal marito Marco Manzini nel 2009, continua a far discutere. Non solo per l’orrendo crimine che ha spezzato una vita e distrutto una famiglia, ma anche per le conseguenze legali e burocratiche che i suoi familiari si trovano ad affrontare. Oggi, a parlare sono i familiari di Giulia: il padre Giuliano, la madre Giovanna e la sorella Elena, che si sono uniti in una battaglia per la giustizia e il riconoscimento dei loro diritti.
Nel 2009, Giulia fu brutalmente uccisa dal marito, il quale, dopo averla attirata in un luogo isolato con una scusa, la colpì ripetutamente con una pietra e poi abbandonò il suo corpo nel fiume Secchia, cercando di inscenare un suicidio. Marco Manzini, dopo un processo che ha scosso l’opinione pubblica, fu condannato a 19 anni e 4 mesi di carcere. Tuttavia, nel 2022, ha ottenuto la semilibertà, e si prevede che nel luglio del 2024 completerà il suo percorso detentivo. Un’altra ferita aperta per la famiglia di Giulia, che si sente abbandonata dallo Stato, non solo per la perdita della loro amata, ma anche per le ingiustizie che continuano a perpetrarsi nei loro confronti.
In un’intervista rilasciata a La Gazzetta di Modena, i familiari di Giulia hanno denunciato una situazione paradossale: l’Agenzia delle Entrate ha richiesto loro il pagamento di tasse su un risarcimento che non hanno mai ricevuto. Secondo la sentenza, il risarcimento previsto per la famiglia di Giulia ammontava a 1 milione e 200 mila euro, una cifra che, a oggi, non è mai stata versata. “È assurdo, ma noi non ci arrendiamo e faremo ricorso”, afferma Giuliano, il padre di Giulia.
La madre, Giovanna Ferrari, ha spiegato che l’Agenzia delle Entrate chiede ben 6 mila euro di tasse su un risarcimento che non è mai stato accreditato. “Noi non molliamo e abbiamo presentato tre ricorsi – uno per ogni cartella esattoriale ricevuta”, continua, sottolineando l’assurdità della situazione. “I soldi non sono il nostro problema – precisa Ferrari – ma sappiamo che molte donne svantaggiate dal punto di vista economico non affrontano percorsi giudiziari come il nostro e rinunciano al risarcimento, proprio per il rischio di trovarsi in questa situazione”.
Questa vicenda evidenzia non solo il dolore di una famiglia che vive un lutto insopportabile, ma anche un problema più ampio che riguarda le vittime di violenza domestica e le loro famiglie. La violenza economica, come sottolinea Giovanna, si manifesta anche nelle istituzioni, che, invece di sostenere i familiari delle vittime, sembrano mettere ulteriori ostacoli sul loro cammino. La burocrazia, in questo caso, diventa un ulteriore fardello da portare, complicando un già difficile processo di elaborazione del lutto.
La storia di Giulia Galiotto non è un caso isolato. Secondo i dati Istat, nel 2021, in Italia, si sono registrati oltre 100 femminicidi, un fenomeno che continua a preoccupare e richiede un’attenzione costante da parte delle istituzioni. Le famiglie delle vittime spesso si trovano a dover combattere non solo con il dolore della perdita, ma anche con un sistema che sembra dimenticarle. Molti familiari segnalano di sentirsi trascurati e abbandonati, come se il loro dolore non fosse abbastanza rilevante da meritare un aiuto concreto.
Il caso di Giulia Galiotto mette in luce la necessità di una riforma delle leggi sul risarcimento delle vittime di femminicidio e sulla gestione delle richieste di risarcimento. È fondamentale che le istituzioni non solo riconoscano il dolore delle famiglie, ma che si adoperino per garantire loro i diritti economici che meritano. Le famiglie come quella di Giulia non dovrebbero affrontare ulteriori difficoltà burocratiche che possono aggravare la loro condizione, ma piuttosto ricevere sostegno e comprensione.
La battaglia della famiglia Galiotto è emblematicamente rappresentativa delle difficoltà che molte famiglie di vittime di violenza incontrano. La loro determinazione nel perseguire giustizia è un esempio di resilienza, ma evidenzia anche la necessità di una maggiore sensibilizzazione e di interventi strutturali per garantire che simili ingiustizie non si ripetano in futuro. La storia di Giulia e della sua famiglia rappresenta un grido di aiuto che non può e non deve essere ignorato.